Apartheid idrico ad al-Auja

Questo slideshow richiede JavaScript.


Al-Auja era un’oasi verdeggiante nel deserto. Meta di gite scolastiche per i bambini palestinesi. “Arrivava gente da tutta la Palestina, da Betlemme, Ramallah, Nablus” ci racconta Ashraf. Poi la Seconda Intifada, e la risposta di Israele. Il pozzo vicino alla fonte viene chiuso a chiave, l’acqua sparisce. Enormi tubi che raggiungono i 400 metri di profondità aspirano l’acqua direttamente dalla sorgente e la portano alle colonie. In una c’è persino una piscina comune. In un’altra ci vive una sola persona. Una. E i beduini a poche centinaia di metri sentono l’acqua scorrere sotto i loro piedi e i fili dell’elettricità passare sopra la loro testa. Ma ogni giorno combattono contro la siccità. Sono costretti a comprare i tank dell’acqua, 20 euro per 3 metri cubi. Più il costo della benzina. Un sistema di apartheid studiato nei minimi dettagli, una discriminazione razziale di cui di cui ancora troppo poche persone sono a conoscenza. E chi tace e rimane in silenzio a guardare fa il gioco del più forte.

Lascia un commento